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Lo scontro Meloni-Salvini: il Veneto al centro del centrodestra italiano
A due mesi dalle elezioni regionali, il Veneto è il fulcro di tutte le tensioni all'interno del centrodestra italiano. Regione vetrina per la Lega di Matteo Salvini per quindici anni sotto la guida di Luca Zaia, è ora ambita da Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, che si rifiuta categoricamente di cedere terreno. Il duello va oltre la semplice distribuzione delle posizioni: è diventato un test simbolico e politico degli equilibri di potere tra due leader che si osservano costantemente.
La Lega continua a rivendicare la candidatura regionale, forte del suo radicamento territoriale e dell'eredità di Zaia. Ma per Meloni, cedere il Veneto sarebbe un segnale di debolezza inaccettabile, soprattutto dopo il trionfo alle elezioni europee, dove FdI ha ottenuto il 37%, più del doppio dei consensi rispetto alla Lega. A Roma, come nella sede di FdI, il messaggio è chiaro: il Veneto non è negoziabile.
In questo contesto, Salvini sta cercando di dimostrare la sua resistenza. Il suo sostegno ad Alberto Stefani, vicesegretario federale e figura di spicco della Lega veneta, sembra più un gesto identitario che una solida candidatura. Persino Zaia, cauto, ha preferito rimandare ogni decisione al tavolo nazionale, a dimostrazione che senza l'approvazione del Presidente del Consiglio nulla cambierà. FdI, dal canto suo, ha già preparato le sue opzioni con Luca De Carlo o Raffaele Speranzon, uomini fedeli alla Meloni.
Questo stallo non mette in discussione l'unità nazionale del centrodestra, ma a livello regionale la posta in gioco è cruciale. Il Veneto non è una regione come le altre: è la vetrina del buon governo della Lega, il simbolo di un modello locale che ne ha plasmato l'identità politica. Cederla a FdI equivarrebbe a suggellare un cambio d'epoca.
Con il comizio di Pontida che si avvicina il 21 settembre, Salvini sa che arrivare diviso sarebbe un disastro. Ma il tempo stringe: se non si trova un compromesso, il confronto rischia di trasformarsi in una vera e propria prova di forza, capace di ridisegnare gli equilibri del centrodestra italiano nel dopo Zaia.